A cura di Carlo Aguzzi Sommelier –
E’ uno dei formaggi italiani più conosciuti ed esportati nel mondo, unico e in inimitabile, certamente antico e di grande tradizione popolare. E’ il re degli erborinati: così sono chiamati correttamente i formaggi che presentano striature color verde-blu dovute alla presenza di muffe nobili. Il termine “erborinato” deriva dal dialetto lombardo erborin , il prezzemolo; oltre a sottolineare la similitudine tra il colore e l’aspetto delle muffe con la foglie del prezzemolo.
Inconfondibile per sapore e morbidezza, il gorgonzola vanta numerosi tentativi di imitazione straniere: il blue d’Avergne e il Bleu de Bresse in Francia, il Blu di Baviera e il Bergarder in Germania, l’Edelpilz austriaco o il Danablu danese.
Tra gli erborinati più famosi possiamo contare sull’inglese Stilton, generalmente servito a fine pasto sui crackers, e sul francese Roquefort prodotto però con latte di pecora, che si presta a insaporire il condimento delle insalate.
Solo il Piemonte e la Lombardia, per legge e tradizione, prevedono la produzione del formaggio gorgonzola e neanche in tutte le provincie. Per l’esattezza le provincie autorizzate a produrre questo formaggio sono, per il Piemonte, Novara, Vercelli, Cuneo, Biella, Verbania e il territorio di Casale Monferrato (al) mentre in Lombardia le aree di produzione sono nelle provincie di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Milano, Pavia e Varese. Tutte queste provincie si sono unite, nel 1970, dando origine al Consorzio di Tutela. Dal 1996 si è acquisita la denominazione di origine protetta (Dop) , garantendo già dalla materia prima la qualità del prodotto.
Il latte può provenire solo dagli allevamenti di queste provincie e deve essere purissimo, per consentire lo sviluppo delle caratteristiche muffe, che in ambienti inquinati da pesticidi non potrebbero riprodursi. Per ottenere una forma di gorgonzola da 12 kg sono necessari circa 100 litri di latte. Un particolare importantissimo e non trascurabile è che il gorgonzola non contiene lattosio, quindi è un prodotto idoneo per chi soffre di questa allergia.
Il gorgonzola deve il suo nome ad una cittadina della pianura padana, vicina a Milano – Gorgonzola, per l’appunto – ma, caso strano, non viene prodotto nel paese sopracitato: ivi, inspiegabilmente, non risulta attivo alcun caseificio. Secoli fa invece il borgo di Gorgonzola era un importante centro di scambio e di raduno delle mandrie in transito.
L’attuale denominazione “Gorgonzola” venne introdotta solo agli inizi del Novecento, per distinguere il formaggio prodotto nella zona dell’omonima cittadina da tutti gli altri formaggi a pasta molle diffusi in Lombardia. In effetti, fino a quel momento, quel genere di formaggio veniva chiamato “Stracchino Verde” , in quanto caseificato con latte proveniente da vacche stanche (stracche, in dialetto) per le lunghe transumanze.
Mentre sulla data di nascita si è quasi tutti concordi nell’indicare l’anno 879 , circa l’inventore di questo formaggio esistono varie versioni. Secondo alcuni una forma di stracchino, caduta da uno dei carri che seguivano le mandrie di bovini, finì in una baracca-rifugio dei mandriani. Qui, in un ambiente umido e fresco, si sviluppò il “pennicillum glaucum” che striò la pasta di sottili venature verdognole, cambiandone anche aroma e sapore.
Secondo altri un mandriano avrebbe dimenticato l’attrezzatura per produrre la crescenza e il quartirolo lasciando la cagliata della sera nel recipiente usato per coagulare il latte, ripromettendosi di unirla poi alla cagliata del mattino. Cosa che fece, ricavandone però non la crescenza né tantomeno il quartirolo: avvenne che le due paste, la fredda della sera e la calda del mattino, non saldarono perfettamente e negli interstizi rimasti si sviluppò il microfungo presente nell’aria di quel terroir. Una volta aperte, le forme di formaggio stagionato rivelarono quelle inconfondibili venature blu-verdi destinate a diventare la saporita unicità del gorgonzola.
Un’altra versione ancora ci arriva da una leggenda. Attorno all’anno Mille le forme casearie erano, e così per tutto il Medioevo, utilizzate anche come sistema di pagamento da parte dei bergamini che transitavano con le mandrie. Un oste di Gorgonzola, che non voleva buttare una partita di stracchino screziato di muffa, dimenticato in cantina, provò a servirlo ugualmente agli avventori, spacciandolo per specialità locale. I clienti gradirono molto quel nuovo formaggio, dal sapore deciso, che si sposava bene con il vino. fu così che lo stracchino verde di Gorgonzola ebbe un immediato successo.
Un’altra storia, romanticissima e piccante, racconta di quel giovane casaro che, una sera, dopo aver munto le sue mucche , fu distratto da una bella contadina locale che gli aveva fatto gli occhi dolci. Forse non fu la scintilla di un grande amore ma i due, complice una romantica luna piena, trascorsero una focosa notte . Il mattino successivo, il nostro mandriano, ripresosi dall’impeto della passione, si ricordò improvvisamente del latte che la sera prima aveva abbandonato al suo destino subito dopo averlo munto. Tornato nella stalla, lo ritrovò ma, come era logico aspettarsi, leggermente acidificato. Anziché buttarlo, decise di unirlo a quello della mungitura del mattino. Poi fece il formaggio, lo mise a stagionare nelle grotte e, passati due-tre mesi, si accorse con meraviglia che all’interno delle forme erano comparse alcune strane muffe. Assaggiò allora quello che riteneva uno stracchino andato a male e lo trovò delizioso: era nato così il primo gorgonzola.
Fatto sta che, successivamente, si cominciò a stagionare le forme di stracchino nelle grotte umide della Valsassina, le casere, che offrivano un ambiente ideale per lo sviluppo delle muffe: attraverso le anfrattuosità della roccia fuoriuscivano soffioni di aria fredda e umida, ideali per la stagionatura.
Ma al di là delle simpatiche storielle e leggende, il gorgonzola è una materia di assoluta serietà. Le sue proprietà benefiche sul corpo umano sono note fin dal medioevo, quando veniva utilizzato per curare i disturbi gastro-intestinali.
Anche la letteratura ci documenta come il Gorgonzola fosse conosciuto già molti secoli fa. Il Chiabrera, verso la fine del XVI secolo, parlando di un certo cappello in voga a quei tempi, chiudeva il sonetto così: “ … parea fatto per un da Gorgonzola”. Forse l’autore alludeva alla forma del cappello che somigliava a quello dello stracchino.