A cura di Cav. Carlo Aguzzi Sommelier
Le Marche sono una delle più belle regioni d’Italia. Una regione ospitale, dove in ogni angolo si celebra il culto del buon cibo e del buon vino. Me ne sono reso conto grazie ad una gita “enogastronomica” organizzata dal Cenacolo Pavese del Vino. Ancona, Castelfidardo; Numana, Loreto i luoghi visitati; Garofoli e Umani Ronchi le aziende vinicole che mi hanno maggiormente colpito. Guido Piovene nel suo “Viaggio in Italia” stampato nel 1957 scrisse. “ se si volesse stabilire qual è il paesaggio italiano più tipico bisognerebbe indicare le Marche… L’Italia con i suoi paesaggi è un distillato del mondo; le Marche dell’Italia…”
In effetti la provincia di Ancona appare al viaggiatore come un insieme di colori, di aromi, di storia, di cultura. Gli aspetti salienti della gastronomia marchigiana sono la semplicità, la schiettezza, la gamma varia e numerosa dei piatti preparati con gli ingredienti genuini della terra e del mare, con l’aggiunta di sapori di erbe aromatiche. Basti pensare alle triglie al prosciutto, specialità costiera di tutta la regione, oppure i “moscioli”, cozze farcite con vari ingredienti e cucinati sulla griglia o al forno. I dolci non sono numerosi, sono piuttosto poveri e rustici ma ricordo delle ciambelline al mosto niente male… per i curiosi dirò che queste ciambelle sono composte da farina bianca, semi di anice, olio, zucchero e mosto.
Come degna conclusione del pasto, quando le bottiglie di Rosso Conero o di Verdicchio sono state svuotate, arriva il mistrà, il liquore all’anice, immagine delle Marche contadine e buon gustaie. Anice viene da Anison, cioè non uguale. Veniva chiamata in questo modo dai greci per distinguerla dalla cicuta, cui assomiglia assai. Il mistrà deriva, secondo alcuni, da “mischia” poiché viene mescolata con acqua. I più ritengono derivi da Misithra, antica città bizantina dalla quale i veneziani avrebbero importato il liquore e la ricetta.
Certamente le Marche annoverano tanti vini: i più famosi di tutti il Rosso (a base di sangiovese e montepulciano) ed il Verdicchio nelle sue varie versioni. Curiosa è la storia dell’evoluzione della bottiglia del verdicchio, che oggi troviamo nelle forme più disparate. L’originale bottiglia “ad anfora” nacque nel 1953, una sorta di esemplare ante litteram di packaging innovativo e di penetrazione commerciale legata più all’immagine che al contenuto. La lanciò una grande azienda produttrice di verdicchio di Jesi. Fece il giro del mondo. Oggi – si può dire – lo ha ultimato. Attualmente sottili bottiglie renane, pesanti borgognotte, modernissime bottiglie trapezoidali o coniche hanno sostituito, secondo moda o calcolo ragionato, il posto di novità dell’anfora dal vago sentore etrusco, definitivamente relegata a portalampada…