Il formaggio Santo Stefano fa parte della storia e della cultura ligure, tanto è vero che in passato lo si trovava sulle più importanti tavole genovesi.
Questo cacio è sempre stato una risorsa della Val d’Aveto, una valle ligure confinante con la provincia di Piacenza, di grande importanza strategica fin dai tempi dei Romani. Le famiglie della Valle d’Aveto utilizzava questo formaggio come merce di scambio per l’olio d’oliva o per le sementi.
Il San Stè è classificato come formaggio a pasta semicotta prodotto con latte vaccino intero munto da razza Bruna, da Cabannina e da Meticcia. Il latte è parzialmente scremato per affioramento, infatti, dopo l’arrivo in caseificio è lasciato riposare per 12 ore in apposite vasche che facilitano la parte grassa di affiorare, di emergere. Alcuni sostengono che il latte da utilizzare per la produzione del San Stè deve essere crudo e intero, questo per conservare inalterato il legame colle caratteristiche del territorio.
Sul mercato si trovano forme di 3 -4 kg oppure di … 18 kg ! La forma del formaggio si asciuga a mano con dei canovacci e, sempre manualmente, si massaggia e si sala, con sale grosso, più volte al giorno per alcuni giorni. Questo tipo di lavorazione fa in modo che le forme siano ogni volta ribaltate appoggiandole alternativamente su entrambe le facce. Del San Stè possiamo trovare tre definizioni che indicano la stagionatura della forma: il San Stè giovane che stagiona minimo 60 gg.; il San Stè medio che viene stagionato per 4 – 5 mesi; il San Stè extra che ha una stagionatura sui 9- 12 mesi. La stagionatura avviene su tavoloni dove le forme saranno sempre ribaltate e regolarmente oleate con olio d’oliva, in cantine ad una temperatura di circa 15° C e con una umidità relativa del 60%. Uno dei segreti di questo formaggio per la stagionatura è che deve avvenire in tradizionali luoghi ventilati e umidi delle case con mura spesse, questo permetteva al formaggio di non subire grossi sbalzi di temperatura.
Durante la degustazione del san Stè si noterà una crosta sottile, elastica e liscia di colore giallo paglierino; il colore della pasta è sempre di colore giallo paglierino con occhiatura minuta e regolarmente diffusa. All’olfatto si presenta con sentori di latte, che tendono a sparire colla stagionatura, dando spazio a profumi che ricordano il fieno e leggero sentore di stallatico. Al gusto il primo impatto è il sapore dolce, che ricorda il latte, poi a seguire una leggera sensazione di amaro sempre più accentuata con la stagionatura. San Stè è molto duttile: quello fresco è ideale per aperitivo abbinato con vini bianchi fermi oppure, in cucina, si utilizza a cubetti per insalate delicate o per arricchire il gusto di un panino. Il San Stè stagionato sarà adatto ai buffet, magari accompagnandolo con un vino rosato . Ottime anche le birre: una pils, acidula e dal grado alcolico non molto elevato per le forme giovani mentre una birra doppio malto o trappista, più alcolica e dal gusto più robusto, sarà indicata per il San Stè stagionato.